L’Accordéon Romantique

Forse molti non sanno che l’”Accordéon”, il nostro caro e amato Organetto, ha origini tutt’altro che popolari o rustiche. Non staremo a fare tutta la storia di come e quando i vari inventori (o presunti) depositarono i loro progetti, bensì partiremo dal momento in cui Cyril Demian, fabbricante di organi e pianoforti a Vienna, insieme ai due figli Carl e Guido deposita il brevetto n.1757 il 6 Maggio 1829.  Il nome del “nuovo” strumento è ACCORDEON: questo perché lo strumento è una scatoletta rettangolare dotata di mantice e ance libere, le quali producono, sotto l’azione di alcuni tasti meccanici, degli accordi sulla scala diatonica. L’”Accordéon” riscuote immediatamente successo presso la corte austriaca, perché pare sia lo “strumento perfetto” che molti auspicavano venisse inventato, uno strumento che potesse avere le modalità esecutive ed espressive del pianoforte, portatile e affine alla voce umana. Naturalmente, la novità non passa inosservata in Francia: diversi costruttori (orologiai, liutai, musicisti vari) si accingono a produrre la nuova “scatola sonora”, citiamo ad esempio come uno dei più famosi artigiani M.Reisnier, il quale nel suo laboratorio di Galerie Colbert a Parigi nel 1832 produce addirittura una gamma di cinque “Accordéon” diversi. Inoltre si proporrà anche come insegnante: i suoi allievi impareranno a suonare arie di Mozart, di Weber, di Rossini, di Meyerbeer e di Aubert. Gli strumenti originali sono piuttosto sobri ma, come si può immaginare, le novità provenienti da ambienti nobiliari e borghesi stranieri attirano inevitabilmente le attenzioni di un pubblico raffinato: il colpo grosso Reisnier lo ottiene quando nientemeno che il re Louis-Philippe, nel 1834, padre di una prole numerosa (dieci figli), acquista un “Accordéon” per uno dei ragazzi. Si ignora quale dei figli sia il fortunato, ma questo fatto dà il via ad una produzione di altissima qualità e raffinatezza: innanzitutto, gli strumenti sono a tre ottave e mezza (analoghi a quelli che usiamo tutt’oggi), vengono impiegati materiali costosi e rari come madreperla, avorio, ebano, palissandro; intarsi in ottone, argento e scene pastorali dipinte ad olio sulle casse armoniche, il mantice è rivestito di stoffe, carte colorate e talvolta seta. Nel 1844, l’acquisto di un “Accordéon Reisnier” da parte della Principessa Mathilde, figlia di Jerome Bonaparte e cugina di Napoleone III, sancisce il definitivo ingresso a corte e presso i migliori salotti di Parigi. Il costruttore, nel 1847, dichiarerà un fatturato annuo di 1.391.497 Franchi, una cifra astronomica per uno strumento che non poteva essere ancora “popolare”. Honoré de Balzac, nel 1848, nell’opera “L’Envers de l’Histoire Contemporaine”, cita come il Barone Bourlac acquistò un “Accordéon” per la figlia malata, la quale suonerà incessantemente la “Preghiera di Mosè” dall’opera di Rossini “Mosé in Egitto”. Lo strumento, come il pianoforte (nel jazz) e il violino (nella musica di tradizione), conoscerà solamente in seguito la strada verso il mondo popolare, grazie ai numerosissimi costruttori comparsi sul mercato: campanilisticamente, due nomi italiani su tutti; Paolo Soprani e Mariano Dallapè, i quali costruirono strumenti dal costo più appetibile (ma sempre non accessibile a tutti: ricordiamo come nel 1914 una “Dallapè” semitonata costasse 300 lire, mentre la paga di un contadino per una stagione di campagna venisse retribuita 30 lire) e dalla struttura più complessa e completa armonicamente. Quindi, per concludere, ritenere l’Organetto o l’”Accordéon” strumenti “campagnoli” o “folkloristici” vuol dire non conoscere la vera storia che ha portato queste fantastiche invenzioni a suonare ancora attuali al giorno d’oggi: sarebbe come paragonare questo al violino, uno strumento malleabile e adattabile ai vari generi, suonato nella musica classica, nel folk, nel jazz e anche nel rock, senza soluzione di continuità, ogni stile con la sua caratteristica diversa. Al giorno d’oggi, l’evoluzione dell’”Accordéon”, la Fisarmonica, si insegna al Conservatorio e grandi compositori del passato come Verdi o Tchaikovsky hanno inserito strumenti ad ancia libera nelle loro composizioni.

( Un ringraziamento particolare al Maestro Gianni Ceretto Castigliano per le preziose note storiche e Pierre Monichon per il suo bellissimo volume “L’Accordéon”, vera Bibbia dello strumento. Onore ai “Natali Nobili” dell’Organetto!)